Apprendistato: cos’è?
L’apprendistato è un contratto a tempo indeterminato che il D. Lgs. 81/2015 finalizza “alla formazione e all’occupazione dei giovani”.
Si tratta di una formula contrattuale che agevola l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e che risulta particolarmente accattivante per il datore di lavoro, poiché consente a quest’ultimo un risparmio contributivo e prevede la possibilità di erogare all’apprendista una retribuzione percentualmente ridotta durante tutto il periodo di formazione.
Esistono diverse tipologie di apprendistato. Esaminiamole insieme.
- Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (apprendistato di primo livello):
Questa tipologia contrattuale è applicabile, in tutti i settori di attività privata, a quei soggetti di età compresa tra i quindici e i venticinque anni. Ferma restando la durata minima di sei mesi, può avere una durata massima di tre anni, che possono eccezionalmente arrivare a quattro, nel caso di diploma quadriennale regionale.
Trattandosi di contratto formativo, sono previste delle ore di formazione interne (ovverosia in azienda) e delle ore di formazione esterne (all’interno dell’istituto di formazione).
Peraltro, sempre nell’ottica di alleggerire l’onere economico del datore di lavoro, le ore di formazione esterna non sono retribuite, salvo diversa previsione del contratto collettivo di riferimento. Per le ore di formazione a carico del datore di lavoro, sarà invece necessario riconoscere al dipendente una retribuzione pari al 10% di quella che gli sarebbe spettato.
- Apprendistato professionalizzante o di secondo livello:
Questa tipologia di contratto, in passato definito “contratto di mestiere”, è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale ed è applicabile in tutti i settori di attività, pubblica o privata, a quei soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni.
Nessun limite d’età è invece previsto qualora l’assunzione in apprendistato professionalizzante riguardi soggetti beneficiari di indennità di mobilità od altro trattamento di disoccupazione (https://www.pierpaolodandria.it/lapprendistato-per-gli-ultratrentenni/).
Ferma restando la durata minima di sei mesi, l’apprendistato di secondo livello può arrivare ad un massimo di tre anni, che aumentano a cinque per specifiche figure professionali del settore dell’artigianato, individuate dai contratti collettivi. Ed è sempre la contrattazione collettiva ad individuare il monte delle ore di formazione da impartire al lavoratore.
Accanto alla formazione professionalizzante vera e propria (ovverosia quella impartita all’interno dell’azienda, sotto la responsabilità del datore di lavoro), è prevista anche una formazione cosiddetta di base e trasversale, da espletarsi presso Enti di formazione accreditati e la cui durata varia seconda del titolo di studio di cui sia in possesso l’apprendista.
In particolare, sono richieste:
- 120 ore qualora l’apprendista sia privo del titolo di studio oppure abbia solo la licenza elementare o media;
- 80 ore qualora l’apprendista sia in possesso del diploma di scuola secondaria superiore o di qualifica/diploma di istruzione e formazione professionale;
- 40 ore nel caso in cui l’apprendista sia laureato.
- Apprendistato di alta formazione e ricerca o di terzo livello:
È una forma contrattuale finalizzata al conseguimento di titoli di studio universitari e di alta formazione, utilizzata anche per il praticantato di accesso alle professioni ordinistiche. Applicabile in tutti i settori di attività, pubblica o privata, ai giovani che abbiano un’età compresa tra i diciotto e i ventinove anni e che siano in possesso del diploma di istruzione secondaria superiore.
Come nei casi precedenti, per le ore di formazione a carico del datore di lavoro, al lavoratore spetterà una retribuzione pari al 10% di quanto gli sarebbe dovuto; mentre per le ore di formazione esterna non si prevede alcun onere retributivo, salvo diversa previsione in senso contrario.
Conviene assumere un dipendente in apprendistato?
Assolutamente sì.
Spesso si discute di quanto sia elevato costo del lavoro, specialmente in Italia.Questo perché un dipendente “costa” all’azienda molto di più di quanto effettivamente il lavoratore percepisca, come netto, in busta paga. Basti pensare che l’aliquota contributiva di un lavoratore “normale” del settore Commercio si aggira attorno al 38% della retribuzione lorda (di cui circa il 30% a carico del solo datore di lavoro).
Il contratto di apprendistato, dunque, può risultare una scelta intelligente proprio perché consente al datore di lavoro di ottenere un notevole risparmio in termini contributivi.
Sul punto occorre però operare un distinguo tra aziende che occupino più o meno di nove dipendenti.
Per le aziende che occupino meno di 9 dipendenti, la legge prevede, a carico del datore di lavoro, un’aliquota crescente secondo quanto di seguito riportato:
- 3,11% per il primo anno;
- 4,61% per il secondo anno;
- 11,61% per il terzo anno e, in caso di conferma dell’apprendista, anche per l’anno successivo.
Nel caso di aziende con più di 9 dipendenti, invece, la legge prevede un’aliquota contributiva pari all’11,61% per tutta la durata del periodo di formazione dell’apprendista.
Sia che si tratti di azienda con più o meno di 9 dipendenti, si prevede, a carico del dipendente, un’aliquota contributiva pari al 5,84% (si prendi che normalmente si aggira intono al 9%)
È prevista una forma particolare per l’instaurazione del rapporto?
La legge prevede che il contratto di apprendistato debba necessariamente avere forma scritta. Il datore è tenuto a rispettare la forma scritta anche del piano formativo individuale, che deve essere inserito all’interno del contratto, almeno in forma sintetica.
Che cos’è il Piano Formativo Individuale?
Il Piano Formativo Individuale è un documento fondamentale per la stipula del contratto di apprendistato, poiché in esso viene stabilito il percorso di formazione che l’apprendista dovrà seguire e le concrete modalità di svolgimento della formazione. Trattandosi di contratto di lavoro formativo, la legge prevede infatti che l’apprendista sia affiancato da un tutor o da un referente aziendale, con l’obiettivo di trasmettergli le competenze necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Esistono limiti alla possibilità di assumere lavoratori in apprendistato?
Sì. La legge prevede limiti numerici che variano a seconda delle dimensioni aziendali.
In particolare, ex D.Lgs. 81/2015, se l’impresa occupa meno di dieci lavoratori, il numero complessivo degli apprendisti non potrà superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio. Qualora invece l’impresa occupi più dieci dipendenti, il numero di apprendisti che il datore può assumere non potrà superare il rapporto di 3 a 2. Sarà quindi possibile assumere tre apprendisti ogni due lavoratori.
Sul punto si precisa che la possibilità di assumere nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro, terminato il periodo di apprendistato, nei trentasei mesi antecedenti la nuova assunzione, di almeno il 20% degli apprendisti, ad esclusione dei rapporti cessati durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa.
In caso di assunzioni in violazione dei limiti di cui sopra, la legge prevede infatti che i lavoratori siano considerati a tempo indeterminato dalla data di costituzione del rapporto.
Conclusioni.
Il contratto di apprendistato è sicuramente un contratto “speciale”, vantaggioso dal punto di vista economico, ma che pone in capo al datore di lavoro l’ulteriore obbligo di garantire la formazione del dipendente. Una sorta di do ut des.
Un contratto che potremmo definire sui generis.
Pur trattandosi di contratto ab origine a tempo indeterminato, possiamo infatti paragonarlo ad un contratto a termine, dal momento che la legge prevede espressamente la possibilità che le parti lo risolvano, terminato il periodo di formazione rispettando i termini di preavviso.